Viaggio in camper in Sardegna, a Monte Linas

Spesso è leggendo un libro che si progetta un viaggio, e se si tratta di un buon libro si avrà la fortuna di vivere un’esperienza diversa, profonda, coinvolgente e soprattutto consapevole. E’ così che inizia il nostro itinerario: sfogliando le pagine di Paese d’ombre, romanzo storico e saga familiare di quel grande e tuttavia poco noto scrittore che è stato Giuseppe Dessì. La sua è una Sardegna in difficile equilibrio tra l’immobilità del passato e un presente incerto, dove l’apatia rassegnata degli uomini che guardano con distacco gli eventi cruciali che accadono “nel continente” viene spazzata via dalla furia della modernità, abbattutasi come un’improvvisa libecciata su questa terra verde e bellissima che sembra dissolversi nelle miniere di ferro, negli altiforni che ingoiano le ultime foreste secolari, in una lenta agonia che distrugge la cultura pastorale, privata degli spazi vitali fagocitati dalla speculazione terriera. Il racconto di questi cambiamenti e del desiderio di salvare il salvabile prima che la scure del tempo arrivi a tranciare il cordone ombelicale con il passato è il filo conduttore del romanzo, premiato con lo Strega nel 1972 e, come tutta l’opera di Dessì, contrassegnato da una coerenza rara, apprezzata da molti intellettuali ma che con difficoltà ha travalicato i confini della sua amata isola. Un’isola che lo scrittore (nato a Cagliari nel 1909 e morto a Roma nel ’77) ha saputo narrare e comprendere come pochi altri. A lui è oggi dedicato un parco culturale unico nel suo genere, che include un territorio di incredibile interesse naturalistico: quello del Monte Linas, forse la montagna più vecchia d’Europa. Nello sconosciuto e selvaggio entroterra del sud-ovest, contrassegnato da miniere e da numerose splendide grotte, questo massiccio vanta anche 23.000 ettari di foreste secolari attraversate da torrenti che formano spettacolari cascate. Un’immagine ben diversa da quella di una Sardegna arida e riarsa dal sole, dove l’acqua e i boschi sono rari. Chilometri di sentieri, alcuni facili e per tutti, altri assai più avventurosi ma di grande soddisfazione, consentono di ripercorrere i luoghi del “paese d’ombre” e di scoprirne le molteplici valenze. A coronare il gruppo del Linas non mancano infatti notevoli paesi, come Guspini, Fluminimaggiore o Domusnovas, e numerosi resti archeologici: le rovine fenicio-puniche di Matzanni, la Tomba dei Giganti di San Cosimo e il tempio romano di Antas, il più significativo dell’isola, dedicato al Sardus Pater. Poco più a nord, lo splendido massiccio vulcanico del Monte Arcuentu regala altre piacevoli passeggiate, con panorami emozionanti e solitari. Si tratta insomma di un comprensorio di prim’ordine, ideale per gli amanti della vita all’aria aperta e ricco di possibilità per la sosta libera: ma ciò che forse attirerà di più l’attenzione è la possibilità – rara altrove – di poter passeggiare in montagna tra prati, boschi e cascate, restando a brevissima distanza da un mare straordinariamente pulito e da una costa di selvatica bellezza. Un libro, un paese “Una grande tettoia in stile liberty sorretta da sei colonne di ghisa adorne di ghirigori e di pigne, una decina di vasche con rubinetti e tubi di scarico, e il serbatoio simile a quello degli abbeveratoi”: così nel romanzo viene descritto il lavatoio di Villacidro, prima tappa della nostra visita. Da qui si risale lungo Via Roma verso Piazza Zampillo, incontrando la casa in cui lo scrittore trascorse l’infanzia e la farmacia Fanni con il museo Sa Potecarìa. Chi ha buone gambe può continuare fino alla pineta che domina il paese, voluta dal protagonista di Paese d’ombre Angelo Uras che, divenuto sindaco, la farà piantare per combattere i disastrosi effetti del disboscamento (non sorprenda l’identità tra i luoghi reali e quelli della narrazione, dato che la vena documentaria dell’opera è tale da rendere perfetta la corrispondenza). Non lontano dal borgo, verso la splendida chiesetta campestre di San Sisinnio circondata da un boschetto di immensi olivastri plurisecolari, si trovano gli estesi uliveti che fecero immaginare a Dessì la tenuta di Balanotti. Il giovanissimo Angelo, guardando gli alberi contorti, riesce ad avvertirne il silenzio “non come si percepisce il silenzio delle cose, ma come si percepisce il silenzio di persone che stanno zitte e pensano”.]]>