07 Apr Copenhagen, Storstrom, Mon, Fyn, Odense
‘Italiani’ qui se ne sono visti pochi finora, non più di due o tre negli ultimi anni. Solveig e Torben Berner, che dopo essere lungamente vissuti a Ceylon ora gestiscono il camping Vesterlyng a Fùllenslev, ci spiegano che in questa parte della Danimarca il turismo è soprattutto interno; al massimo arrivano tedeschi e olandesi, tutti gli altri si dirigono verso le strade note dello Jutland per poi dare un’occhiata a Copenaghen prima di rientrare in patria. Eppure, con questo viaggio nella terra di Amleto, abbiamo avuto l’ennesima conferma che lasciare i sentieri battuti per esplorare nuovi percorsi si rivela spesso il modo migliore per vivere esperienze davvero emozionanti. Quando a malincuore abbiamo riconsegnato il mansardato preso a noleggio, il contachilometri parziale segnava 1.000 chilometri: un bel po’ di strada, percorsa sotto un cielo capriccioso tra vie strette e tortuose, alla ricerca dell’anima di un paese di cui in fondo non si sa moltissimo. E se c’è un veicolo che accosta il genius loci con il rispetto che merita, questo è proprio il camper: tanti, davvero tanti ne abbiamo incontrati lungo il tragitto verso sud, sulla rotta di quelle isole che arditi ponti hanno trasformato in penisole, ma non sono riusciti ad addomesticare. Le loro targhe ci hanno confermato le parole di Solveig e Torben: da Kùge in giù, verso Mùn, Falster, Lolland e Langeland, il territorio pare tutto riservato agli stessi danesi e ai chi viene dai paesi confinanti vantando una fama consolidata di viaggiatore curioso. Noi ci siamo confusi tra loro – il nostro mezzo aveva la targa tedesca – e da questo privilegiato belvedere itinerante abbiamo scoperto una terra meravigliosa che in nessun altro modo avremmo potuto apprezzare cosè profondamente.
Pleinair senza riserve Il nostro itinerario si è svolto rimanendo sempre a buona distanza dalle mete più ovvie, tranne alcune eccezioni (ad esempio non si può visitare Mùn e non fare almeno una breve sosta alle splendide scogliere e alle fantastiche foreste di faggio di Mùns Klint). Per il pernottamento ci siamo fermati nei campeggi delle categorie più disparate, dal villaggio superattrezzato all’approdo spartano: tutti possono vantare una calda ospitalità e servizi sempre all’altezza della situazione, pur senza negare che le strutture di lusso hanno una marcia in più. Per citarne uno, il Boegebjerg Strand Camping di Dalby (si raggiunge da Nyborg proseguendo per Kerteminde e poi verso Fyns Hoved) sorge proprio sul mare, lungo un tratto di costa selvaggio e verdissimo dal quale si scorge all’orizzonte l’isoletta di Roms: al contesto d’eccezione si aggiungono le piazzole erbose ampie e comode, delimitate da curatissime siepi, e i servizi igienici davvero confortevoli. Ma anche il relativamente più modesto Hummingen Camping a Dannemare garantisce una sosta serena e comoda; in ogni struttura turistica, insomma, è evidente lo sforzo di mantenere alti gli standard di accoglienza. D’altra parte il popolo danese ama senza riserve la vita all’aria aperta e frequenta assiduamente le aree verdi e gli stessi campeggi. Una domenica mattina, visitando Roskilde e la sua splendida cattedrale, nonostante il tempo non proprio estivo abbiamo fatto caso alle strade pressochè deserte: dov’erano gli abitanti? Tutti scappati verso spiagge, boschi e prati a godersi il sia pur raro e avaro tepore del sole boreale. E spesso questa fuga avviene grazie a un camper o ancor più a una caravan, che rimane il veicolo ricreazionale più diffuso in tutta l’Europa settentrionale. Qui, poi, anche mezzi di un certo impegno si guidano in sicurezza su strade che abbiamo apprezzato fin da subito: pulite e straordinariamente ben tenute, per la gioia delle sospensioni del nostro camper, senza dimenticare il piacere di viaggiare immersi in paesaggi di armoniosa bellezza. Spontaneo il confronto con l’Italia, che può senza dubbio vantare località storicamente e architettonicamente più rilevanti ma in molte zone ha purtroppo smarrito l’equilibrio del territorio, violato dalle malefatte dell’abusivismo e della cementificazione: in Danimarca, invece, i fondamentali elementi della pianificazione territoriale sono materia d’insegnamento universitario (si tengono anche corsi per gli stranieri…) e i criteri di un’oculata gestione urbanistica vengono applicati con rigore e lungimiranza al tempo stesso, al punto che persino le inevitabili aree industriali non si trasformano in occasioni di massacro. Ma la serena compostezza di questo paesaggio ha origini ben più antiche, ed è il suo patrimonio storico a dimostrarlo. Chiese medioevali dalla singolare architettura, spesso decorate da affreschi che raccontano crudi episodi biblici, sorgono come dal nulla tra le colline dell’interno: possono apparire piuttosto spoglie rispetto alle ricche chiese cattoliche, ma i luoghi di culto di osservanza luterana hanno il loro punto di forza proprio nella severa semplicità degli interni. A ricordarci usanze e rituali ancora più remoti, incontriamo centinaia di tumuli funebri e i cerchi di pietra costruiti fra i tre e i cinquemila anni or sono dai primi colonizzatori della Scandinavia. Sarebbe inutile, in ogni caso, elencare i vari monumenti, i siti più interessanti, i numerosi castelli e le residenze nobiliari: in pochi paesi come in Danimarca è la perfetta combinazione di tanti elementi, a volte apparentemente insignificanti, a giustificare la visita o la deviazione dalla rotta prevista. E’ questo il motivo che ci spinge a raccontare in breve il nostro itinerario: non il migliore ma solo uno dei mille possibili da creare seguendo il proprio istinto, augurandoci che sia di invito a visitare questa Danimarca sconosciuta, paradiso del pleinair.
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